C’è un momento, nel lavoro con l’argilla, in cui non si può più fare.Le mani si fermano, il tornio è spento, gli strumenti sono a riposo. Il pezzo, ancora morbido, resta lì, immobile. Da quel momento in poi, è il tempo a lavorare.
C’è un momento in cui la terra comincia a girare. Il tornio prende vita, vibra sotto le mani, e inizia la danza. All’inizio è caos, la massa di argilla sobbalza, sfugge, sbilancia. Poi, piano piano, succede qualcosa, l’argilla si centra, e tu, con lei.
Prima ancora che l’argilla diventi forma, bisogna affondare le mani nella terra fredda e densa. Spingere, ruotare e piegare sono le fasi che compongono il gesto di impastare. Il primo atto, la prima trasformazione della materia.
In un mondo estremamente veloce, lavorare con l’argilla sembra un gesto controcorrente. Quello che succede mentre si lavora l’argilla somiglia molto a una pratica di meditazione. In questo articolo esploriamo l’incontro tra pratiche meditative e la lavorazione della ceramica, per riscoprire come le mani possano guidarci verso la presenza.