
Il pezzo, ormai smaltato, aspetta. È coperto da un velo opaco, fragile, simile alla polvere. Nulla, a occhio nudo, lascia intuire cosa diventerà. Eppure, tutto è pronto.
La seconda cottura è la seconda prova di fuoco che l’oggetto deve affrontare.
Non si può più correggere, non si può più intervenire. Si affida il proprio lavoro al forno, al calore, al tempo. È come consegnare qualcosa di sé al mistero, e poi aspettare che ritorni.
Il ruolo nel processo
La seconda cottura avviene generalmente tra i 960°C e i 1300 gradi centigradi, a seconda del tipo di smalto e di argilla usati. Serve a vetrificare lo smalto, a renderlo brillante, liscio, resistente.
È il passaggio che trasforma il pezzo da qualcosa di incompleto a un oggetto compiuto.
Le temperature devono essere precise, le curve di riscaldamento e raffreddamento controllate.
Anche l’atmosfera del forno può cambiare drasticamente l’aspetto finale.
Tutto viene deciso in anticipo, ma il risultato resta imprevedibile. Non è più nelle nostre mani. E in questo c’è una lezione potente.
Il gesto come rito
Caricare il forno per la seconda cottura ha un’energia diversa. Non c’è più la tensione del modellare o del rifinire. C’è una calma solenne, un rispetto per ciò che si sta per affidare.
I pezzi si toccano con leggerezza, come se fossero già vivi. Si posano con attenzione sulle piastre, si controllano gli smalti, si sistemano i supporti. Poi si chiude la porta. Quel momento ha qualcosa di sacro, è come chiudere il sipario prima di uno spettacolo. Il fuoco farà il suo lavoro.
Toccare senza toccare
In questa fase le mani non modellano più, ma restano presenti, attente, silenziose.
È un sapere che si fa gesto minimo: posizionare, distanziare, osservare.
Ci vuole intuito per capire come caricare il forno, dove lasciare spazio, dove fidarsi dello smalto che fonderà. È una manualità diversa, fatta di preparazione e ascolto.
Anche senza plasmare, le mani guidano l’esito.
Meditazione in movimento
La seconda cottura insegna la resa. Il lavoro, ora, è nelle mani del calore. È un tempo sospeso in cui si impara ad accettare ciò che sarà. Aspettare il raffreddamento è un esercizio di pazienza.
Il forno impiega ore, a volte giorni a raffreddarsi, e non si può aprirlo prima.
Questo tempo diventa un tempo interiore. Si sta. Si respira. Si osserva la propria impazienza, e la si lascia andare. Ci si abitua a non sapere.
Quando si riapre
Aprire il forno dopo la seconda cottura è come ricevere una risposta.
Il pezzo ora è completo, lucido, stabile. Il gesto, l’errore, l’intuizione, tutto è lì, diventato materia.
Ogni smalto ha preso il suo colore, ogni forma ha il suo peso, ogni imperfezione ha un significato.
Non c’è più nulla da fare, se non accogliere. E in questo accogliere c’è un senso profondo del creare.
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